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SANTA MARIA MADDALENA (DUOMO)

Sant’Antonio abate.
Si festeggia il 17 gennaio



Quando nei nostri borghi si organizzano i festeggiamenti per le varie ricorrenze, oramai si dà per scontato che ognuno conosca la storia dei vari avvenimenti. Purtroppo non è così. Si ricordano soltanto , e le varie locandine lo scandiscono, le bancarelle, la Messa,la processione, la cavalcata, la torciata, i fuochi d’artificio ! Quasi nessuno ha la cognizione storica dell’avvenimento . Forse sarebbe opportuno distribuire prima dei festeggiamenti un piccolo cenno storico sulla ricorrenza


Antonio nacque in Egitto presso Coma, nell’anno 250 dopo Cristo. Rimasto con la sorella molto piccola, Antonino, all’età di circa venti anni dovette continuare da solo il lavoro dei suoi genitori morti . Amava frequentare quotidianamente il Tempio per la celebrazione eucaristica .Ciò lo portò a meditare sulle decisioni degli Apostoli , i quali pur di seguire Gesù, il Salvatore, si spogliarono di tutti i loro averi. Pensava inoltre a tutti quegli uomini che portavano nelle mani degli Apostoli il ricavato della vendita di tutti i loro averi, da distribuire ai poveri , sperando di ottenere così la salvezza eterna .
Un giorno, entrò nel Tempio, mentre veniva letto il Vangelo nel quale il Signore diceva al ricco:” Se vuoi essere perfetto,va’, vendi ciò che possiedi, dallo ai poveri, poi vieni e seguimi. Avrai un tesoro nei cieli.”. Folgorato da quelle parole, uscì dal Tempio e donò ai poveri del paese tutte le terre che i genitori morti avevano lasciato per il sostentamento suo e della sorella. Poi vendette la casa e tutto ciò che rimaneva. Il ricavato lo distribuì ai bisognosi, trattenendo una piccola parte per il futuro della sorella.
Neanche questo bastò. La sorella fu affidata alle vergini consacrate a Dio e lui iniziò a condurre una vita di privazioni, senza concedersi più nulla e finì di distribuire ai poveri anche la piccola somma destinata alla sorella. “Chi non vuol lavorare, neppure deve mangiare”. Si dedicò pertanto ad un duro lavoro; il danaro ricavato lo usò in parte per acquistare il pane per sé ed il resto per distribuirlo ai poveri. Dedicava Il tempo della giornata al lavoro, alla preghiera ,alla meditazione ed alla lettura.
Ricordava tutto ciò che leggeva. La sua smisurata memoria finì per sostituire tutti i libri. Iniziò così una vita da asceta e da eremita. Si ritirò ,prima, nell’inospitale deserto egiziano tra antiche tombe abbandonate ; in questo luogo cominciò ad ascoltare rumori assordanti, ad avere terribili visioni , e le prime tentazioni. Il suo spirito cominciò a vacillare, ma invocò l’aiuto del Signore che lo rassicurò e gli diede la forza interiore.
La vita da anacoreta fu però turbata dal pellegrinaggio dei cristiani che, scoperto il suo eremo, andavano a chiedere aiuto e consigli per le loro anime. Per questo , nel 285 d.c si spostò sulle rive del Mar Rosso sulle montagne del Pispir in una fortezza abbandonata, fornita di una sorgiva d’acqua .Qui visse per circa venti anni in estrema solitudine. Subiva ,durante la notte ,l’attacco del demonio che lo svegliava con pesanti tentazioni; ma avendo una mente salda , riuscì ogni volta a respingere gli attacchi. Era il periodo in cui il misticismo portava molti a seguire l’esempio di Cristo ed essendosi diffusa la sua fama lo trovano, scoprendo il nuovo rifugio .
Antonio, ispirato dal Signore iniziò così a guarire i malati, a liberare gli uomini dalle ossessioni e ad istruire i suoi discepoli. Si costituirono così due gruppi monastici, uno ad est del Nilo, l’altro ad ovest del fiume ed ogni monaco disponevs di una grotta isolata dove vivere e pregare.
Sant’Antonio può considerarsi il capostipite del Monachesimo orientale, del quale fu il primo Abate(da Abbà, Padre spirituale). Nell’anno 307 venne a visitarlo Ilarione, monaco poi divenuto Santo, per rifletterei opinioni sulla loro vita da eremiti.
Pur dedicandosi alla preghiera e alla solitudine, sentendo forte l’obbligo cristiano di continuare a distribuire i doni divini che la sua anima aveva accumulato, sentì di doversi recare, nello stesso periodo, ad Alessandria per dare coraggio ai cristiani perseguitati da Massimino Daia ; poi su invito di San Atanasio , vescovo di Alessandria, per rafforzare nei fedeli la giustezza della dottrina maturata nel consiglio di Nicea nel 325 d.c. Volendo fuggire i visitatori ormai troppo numerosi, abbandonò il Pispir per trasferirsi nel deserto della Tebaide (alto Egitto).
Qui visse, coltivando un piccolo orticello per il sostentamento suo e dei pochi discepoli che venivano a trovarlo. Con lui visse anche San Paolo di Tebe e alla sua morte fu sepolto da Antonio, con l’aiuto di un leone.
Per questo viene considerato il santo protettore dei “becchini”. Negli ultimi anni della sua lunga vita fu aiutato da due monaci che lo hanno assistito fino alla morte avvenuta a 106 anni il 17 gennaio 356 d.c, Fu sepolto, per suo desiderio, in una località sconosciuta.
I seguaci continuarono il cammino tracciato da Antonio e diffusero, adattandoli ai tempi, i suoi dettami .
Quando nel 561 d.c fu scoperto il luogo della sua sepoltura, le reliquie furono portate prima ad Alessandria, poi a Costantinopoli .
Verso l’anno 1000 giunsero in Francia per merito del signore di Chateau Neuf , Jocelin, che le aveva avute in dono dall’Imperatore bizantino. Nella cittadina di Motte-Saint-Didier ,nella contea di Vienne, fu costruita una Chiesa in suo onore.
Si diffuse immediatamente la notizia dei miracoli che avvenivano in quella Chiesa e naturalmente iniziarono numerosi pellegrinaggi.
L’ ”ignis sacer” , “Fuoco di Sant'Antonio” ,(la denominazione scientifica è “herpes zoster” “Herpes” deriva da “hérpo” che nel greco antico significa strisciare; il sostantivo “herpetón” indica il serpente. “Zostér”, significa cintura.) malattia che all’epoca era spesso fatale e lasciava segni devastanti sulle comunità che ne erano colpite, consisteva in un’ intossicazione causata da un fungo che infettava la segala cornuta( o Ergot ), utilizzata per fare il pane e che dava spesso anche le allucinazioni.
Questo fenomeno induceva la gente a mettere in relazione la malattia con il demonio o con le forze maligne, non essendo conosciuta al tempo la causa delle alterazioni.
Per ospitare tutti i malati , l’Antico Ordine ospedaliero degli Antoniani,fece costruire un ospedale chiamato “Saint Antoine di Viennois dove si curava il “Fuoco di Sant'Antonio” applicando sulle parti colpite dal male del grasso di maiale che probabilmente isolava le parti infette e bloccava la sua propagazione.
Per questo motivo il Papa concesse di poter allevare dei maiali liberamente nella città e tutti quelli che portavano un campanello di riconoscimento non venivano toccati.
In Italia i malati, che dal nord si recavano in pellegrinaggio nei santuari di sant'Antonio , a mano a mano che visitavano quelli del sud ,cambiando alimentazione e mangiando pane di grano, vedevano attenuati o eliminati i sintomi dell'intossicazione. Tale effetto veniva attribuito al miracolo ad opera del Santo.
Un altro racconto riferisce che una scrofa partorì un maialino malato ai piedi del Santo mentre era a bordo di una nave; sant’Antonio lo guarì imponendogli il segno della Croce. Da quel momento il porcellino lo seguì sempre.
Prima il maialino , poi gli altri animali domestici cominciarono ad essere associati a sant’Antonio, che divenne il protettore sia degli animali che degli addetti alla lavorazione della carne di maiale.
Oggi è il protettore anche dei Vigili del fuoco e di coloro che lavorano con il fuoco .
Una leggenda narra che Sant’Antonio, sceso all’inferno a riprendersi le anime di alcuni morti che il diavolo aveva rubato, liberando il suo maialino nel bel mezzo di quel posto dannato, creò un tale scompiglio tra i diavoli, che il Santo salvò le anime e accese il suo bastone a forma di “tau” con le fiamme infernali.
Uscito dagli inferi usò il bastone ardente per dare fuoco ad una grossa catasta di legna simboleggiando così un’azione purificatrice e fecondatrice dell’umanità.
E’ per questo motivo che ancora oggi il 17 gennaio di ogni anno si accendono fuochi, falò e torce per invocare il potere purificatore del fuoco e per celebrare il passaggio dal periodo invernale alla primavera.(Giuseppe Lanna)






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